L'isola dell'utopia

Romanzo storico-sentimentale

di Massimo Messa

(2010)

Prefazione (Antonio Chargé)

ESTER E LA STORIA

La storia di ognuno di noi è soprattutto una storia privata: la storia della nostra vita, dei nostri dolori e delle nostre gioie, dei successi e dei fallimenti, degli amori, delle delusioni.
La Storia, quella con la S maiuscola, è spesso sentita come qualcosa che accade altrove, che si legge sui libri, che si guarda in televisione.
Tempo fa, un’indagine stabilì che, su un vastissimo campione di persone intervistate, la quasi totalità ricordava nitidamente dove fosse e cosa stesse facendo l’11 settembre 2001.
L’evento eccezionale, l’evento tragico, lascia un segno sul tempo in cui avviene, lo evidenzia.
Ed evidenzia anche che la nostra storia personale e la Storia, sempre quella con la S maiuscola, accadono nel medesimo tempo.

Ester vive a Milano e la sua storia si dipana nell’arco di un trentennio, tra la fine dei favolosi anni sessanta e gli ultimi scampoli di un secolo e di un millennio.
La Storia di quei trent’anni avanza di pari passo alla sua, come a quella di chiunque, seguendo un binario che si potrebbe esser tentati di considerare parallelo, ma che parallelo non è.
Su un binario corrono il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, il primo amore, le delusioni proprie e di chi le è vicino, il dolore per la perdita di persone care, il lavoro, la famiglia, i figli, le speranze e le tragedie del vivere quotidiano. Sull’altro i fermenti libertari dei paesi dell’Est, le rivolte, le repressioni, il crollo dell’Unione Sovietica, i drammi collettivi (che sono poi fatti di un’infinità di drammi individuali), le tensioni mediorientali.

Sullo sfondo, come un traguardo cui tendere, l’unico in grado di dare un senso alla vita, c’è l’Isola dell’Utopia. E’ l’isola che non c’è, proprio lei, quella di Peter Pan, così come l’ha descritta James Matthew Barrie, ma anche come molti anni dopo l’ha cantata Edoardo Bennato (…e ti prendono in giro se continui a cercarla, ma non darti per vinto perché chi ci ha già rinunciato e ti ride alle spalle forse è ancora più pazzo di te). E’ il luogo dove gli amori non tradiscono, dove le persone care non muoiono, dove i figli crescono bene e si realizzano riempiendoti d’orgoglio. E’ il luogo dove i popoli vivono liberi, in pace fra loro, dove la libertà non si conquista col fuoco e non si paga col sangue, dove non esistono i tiranni, le guerre, le malattie. Ci devi credere, anche se sai che non è così e la vita te lo ripete ogni giorno. Ci devi credere perché “il futuro è di chi crede nella bellezza dei propri sogni”.

Mentre Ester sogna la sua isola, e più volte le sembra di esserci quasi arrivata, la Storia procede zigzagando sul binario di fianco.
Si avvicina, sfiora, urta.
La memoria della Rivoluzione Ungherese le si presenta con gli occhi del ragazzo di cui si è innamorata. Il confronto con le culture diverse la impegna a consolare il fratello, lasciato dalla ragazza che ama a causa della differenza di religione. La Primavera di Praga irrompe dal teleschermo in una delle sue estati più belle. Il rogo di Jan Palach le si affianca, quasi con discrezione, mentre nella sua anima la fiamma di un dolore acuto non smette di bruciare.

Poi la Storia sembra allontanarsi, rimettersi a scorrere in parallelo. I problemi individuali sono gravi, inaspettati, pressanti. E’ di questo che Ester deve occuparsi: le ferite sue e dei suoi cari sono molto più presenti e urgenti di quelle delle vittime di un attentato in una città lontana.

Ma il binario curva all’improvviso, e la Storia torna a bussare alla porta di Ester. La costringe ad aprire e si accomoda senza riguardo, entra a gamba tesa nella sua vita, per distruggerla.

Arriva così il momento in cui l’Isola dell’Utopia sembra lontana, al di là di questa vita. Il momento in cui qualcuno rinuncia a cercarla qui e decide di andare oltre.

C’è invece chi rimane, accetta il destino, in qualche modo non si arrende.

Forse un presidente scacciato, imprigionato, dimenticato può trovare conforto in una tardiva riabilitazione, e vedere realizzato nell’ultimo breve scorcio della sua vita il sogno di libertà per cui un tempo aveva lottato invano.

Forse una donna che ha sofferto tanto, e perduto molto di più, può ottenere ancora qualche goccia di serenità in un altro luogo, con altra gente, e dare un senso alla propria storia e al proprio dolore condividendoli (i Buddhisti dicono che funzioni), raccontandoli.

Nota dell’Autore

Questo romanzo sentimentale fa tesoro dell’osservazione costante della realtà che mi ha circondato in alcuni decenni di vita. Centinaia e centinaia di persone, conoscenti e sconosciuti, amici e colleghi di lavoro, uomini e donne, vecchi e giovani hanno incrociato la mia strada. Di alcuni già sapevo, di altri mi hanno raccontato, da altri ancora ho raccolto le testimonianze in presa diretta, nel corso del tempo o in un’unica soluzione. In questo romanzo mi sono soffermato sugli episodi veri di cinque donne di differenti età. Cinque storie, speciali, che, a mio modesto parere, meritavano più di altre di non essere dimenticate. Le ho raccolte e assimilate. Metabolizzate. Le ho allineate in fila indiana e le ho attribuite a un’unica protagonista, Ester, che si è così prestata ad assorbirle tutte e quante in sé. Perciò Ester è un’opera d’arte, rappresenta cinque donne, cinque cronache, e mi ha consentito di stendere questo lavoro. Se qualche lettore vorrà apprezzarlo, saprà così che potrà ringraziare Ester. Qualora lo volesse fare di persona sarà molto facile: basterà raggiungerla sull’Isola dell’Utopia.