Racconti imprevedibili

L’imprevedibile, l’imponderabile, è parte integrante – e a volte preponderante – della quotidianità. Può risolversi in un’insignificante perdita di tempo o cambiare il corso di una vita.

di Massimo Messa

(2015)

Siamo previdenti, noi umani del ventunesimo secolo. Quantomeno noi umani d’Occidente. Se ci pensiamo, il tempo e le energie che spendiamo per prevedere (pardòn, per tentare di prevedere) sono davvero notevoli. Noi vogliamo prevedere. Ci cibiamo di previsioni: meteorologiche, economico-finanziarie, sociopolitiche. Noi pretendiamo di prevedere, e finiamo per arrabbiarci quando le nostre previsioni non si avverano.

Prefazione di Antonio Chargé

Gli antichi dicevano che il Fato è il più capriccioso tra gli Dei. Capriccioso e dispettoso. E chissà come si diverte, il Fato, a osservare questi piccoli esseri, che si arrabattano per rendere prevedibile la propria esistenza, e a gettare sul loro cammino i sassi dell’imprevisto, dell’imponderabile, e stare a guardare chi inciampa, chi si ferma, chi torna indietro e chi accetta la sfida di un domani ignoto e affronta con coraggio una nuova strada.

Perché il domani è ignoto. Mettiamocelo in testa. Il domani che può essere tra un giorno, tra dieci anni. Oppure tra cinque minuti.

L’imprevedibile, l’imponderabile, è parte integrante – e a volte preponderante – della quotidianità. Può risolversi in un’insignificante perdita di tempo o cambiare il corso di una vita.

Del doman non v’è certezza… cantava il Magnifico. Ce ne ricordassimo più spesso!

In questi nuovi racconti, il nostro Messa ci presenta una vivace carrellata di modi in cui l’imprevisto si insinua nelle vicende umane, mettendo da parte il suo realismo fotografico per addentrarsi in territori dove la realtà diviene sfuggente, fino ai confini dell’onirico e del soprannaturale, regalandoci qualche certezza in meno e qualche emozione in più.

L’imprevisto ha molte facce; alcune sorridenti, altre beffarde, altre ancora minacciose. L’imprevisto è una canzone ascoltata al momento giusto, un incontro che suscita speranze per poi regalare qualcosa di diverso – e forse di meglio – di ciò che si è sperato. E’ l’atto di coraggio di un uomo dalla rea progenie degli oppressor disceso, che sublima la propria vita nell’ultima affermazione di volontà e coscienza. L’imprevisto è un amore fugace, sognato e ricordato a lungo, che torna all’improvviso con un volto meno romantico ma più vero; è un vecchio libro che il Destino usa per riannodare i fili di una storia interrotta; la serenata che può far rifiorire un amore o rimescolare le carte di due vite.

L’imprevisto è anche ombra, mistero, a volte dolore. Dolore per una perdita insanabile, che genera atteggiamenti preoccupanti e sfocia in un gesto estremo: quello, per l’appunto, che nessuno potrebbe prevedere. Ombra che avvolge un’isola dove il dolore ha lasciato le sue cicatrici, e dove un uomo approda per ricongiungersi a coloro che lo hanno preceduto troppo presto. Mistero che emana dalle pagine di un libro, fino a varcare il confine tra narrazione e realtà.

L’imprevisto, in ultima analisi, è vita. Vita che fugge incalzata dalla solitudine o che si aggrappa allo squillo di un telefono per non farsi buttar via.

L’imprevisto, infine, è La Vita che irrompe improvvisa a sconfiggere la morte nella metafora di una partita a scacchi (chi è stato a Pinzolo e ha ammirato la Danza Macabra sulla chiesa di San Vigilio, o chi ricorda il Ballo in fa diesis minore di Branduardi, potrà trovare qualche gustosa analogia).

Tra la magia delle carte e quella del sorriso, tra identità inaspettate ed evanescenti figure, tra fiabe inconsuete, egocentrismi ottusi e note di violino capaci di scuotere i sensi e la coscienza, l’imprevisto accompagna e disegna le vicende dei personaggi di questi racconti, così come accompagna e disegna le vicende di ognuno.

Perché, in fondo, la vita, la vita di ciascuno di noi, è un racconto imprevedibile.

                                                                                                       Antonio Chargé